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Nell'antica Britannia la Dea era una, ma si esprimeva attraverso molte altre Dee. Era il grande Vuoto, il Principio di tutte le cose. Era
La mia tesi è che il linguaggio del mito poetico anticamente usato nel Mediterraneo e nell'Europa settentrionale fosse una lingua magica in stretta relazione con cerimonie religiose in onore della Dea-Luna, ovvero della Musa, alcune delle quali risalenti all'età paleolitica; e che esso resta a tutt'oggi la lingua della vera poesia -"vera" nel senso mitologico moderno di "originale non suscettibile di miglioramento, e non un surrogato". Questa lingua fu manomessa verso la fine dell'epoca minoica, allorché invasori provenienti dall'Asia centrale cominciarono a sostituire alle
Info tratte da La Minerva Gallica: Cesare nomina per ultima tra le divinità galliche una Dea che lui identifica con Minerva. La Dea Sul (forse "Sole"), venerata a Bath, venne proprio identificata con Minerva, dicendo che era una Dea delle fonti, vale a dire, le acque termali (con l'epiteto di "Minerva Medica"); del resto i Celti veneravano le sorgenti in modo particolare (*). Nel suo tempio ardeva un fuoco perenne, e ciò richiama alla mente la Dea Vesta e la Dea irlandese Brigit. Cesare però la descrive come una Dea dei mestieri e del commercio. Già sant'Eligio, nel settimo secolo, metteva in guardia dall'invocare Minerva durante il tessere, il filare, il tingere, o tutti gli altri lavori
Nel saggio "La religione celtica nella letteratura irlandese e gallese" si mette in luce come, nonostante la mobilità delle loro nomenclature, le Dee della Gallia, della Britannia e dell'Irlanda fossero sostanzialmente simili. Sul continente si ha un'ampia galleria di Divinità Femminili -Rosmerta, Nantosuelta, Damona, Sirona, Nemetona e altre che figurano quali consorti di divinità maschili, così replicando l'accoppiamento della Dea-Madre con il Dio patrono della tribù o della nazione. Dea dell'abbondanza e fertilita'. Rappresentata con la cornucopia. Nantosuelta Dea compagna di Sucellos, Dio del martello Damona Dea degli animali domestici come pecore e mucche
In Bretagna, i Dolmen erano luoghi di predilizione per le fate Con gli esseri umani, solitamente, erano gentili, ma delle volte si lasciavano andare ad atti di crudeltà o a dispetti. Il Piccolo Popolo, comunque, amava rapire i bambini degli uomini o "trasportare" gli umani nel loro regno. Le fate sono ciò che resta delle antiche credenze pagane: le Parche, le Matres\Matrones, le Dee lunari cacciatrici, la Terra Madre: ecco perché sono legate alla terra, all'acqua e ai boschi. La parola "Fata" viene dal latino "Fata", plurale di "Fatum", destino; come la Banshee, erano anche quanto restava della figura delle Sacerdotesse pagane, delle Druidesse, delle Menadi, delle Pizie e delle Profetesse che officiavano i loro riti (poi proibiti con l'arrivo del cristianesimo) nei boschi e nelle grotte e avevano profonde conoscenze erboristiche.
I edizione g l i a d e l p h i : febbraio 2009 II edizione g l i a d e l p h i : settembre 2009 w w w. a d e l p h i. IT ISBN 978-88-459-2359-3 IN DEDICATION All saints revile her, and all sober men Ruled by the God Apollo's golden mean-In scorn of which I sailed to find her In distant regions likeliest to hold her Whom I desired above all things to know, Sister of the mirage and echo. It was a virtue not to stay, To go my headstrong and heroic way Seeking her out at the volcano's head, Among pack ice, or where the track had faded Beyond the cavern of the seven sleepers: Whose broad high brow was white as any leper's, Whose eyes were blue, with rowan-berry lips, With hair curled honey-coloured to white hips. Green sap of Spring in the young wood astir Will celebrate the Mountain Mother, And every song-bird shout awhile for her; But I am gifted, even in November, Rawest of seasons, with so huge a sense Of her nakedly worn magnificence I forget cruelty and past betrayal, Careless of where the next bright bolt may fall. « d e d i c a. Tutti i santi la oltraggiano e tutti gli uomini temperanti / retti dall'aurea via mediana del dio Apollo-/ disprezzando la quale io salpai per cercarla / in regioni lontane ove è più probabile trovare / colei che sopra ogni cosa desideravo conoscere, / sorella del miraggio e dell'eco. //Fu virtù non rimanere, / e per vie caparbie ed eroiche / cercarla sulla bocca del vulcano, / tra i banchi di ghiaccio, o là dove la pista si perdeva / oltre la grotta dei sette dormienti: / lei, che ha l'ampia fronte bianca come quella di un lebbroso, / gli occhi azzurri, le labbra rosse come le bacche del sorbo selvatico, / i capelli che scendono ricciuti e color del miele fino ai candidi fianchi. // La verde linfa della primavera nel giovane bosco fremente / celebrerà la Madre Montagna, / e ogni uccello canoro la acclamerà per qualche tempo; / ma io ho il dono, anche in novembre, / la più aspra delle stagioni, di un così vasto senso / della sua nudamente indossata magnificenza / che dimentico crudeltà e passati tradimenti, / e non mi importa dove cadrà la prossima folgore ». 1. Come ben sapeva Shakespeare: si veda Macbeth, IV, i, 25. La Dea Bianca capitali necessari per avviare una piccola azienda agricola, di diventare pastori romantici (come fece Don • Chisciotte una volta constatata la propria incapacità di affrontare il mondo moderno) in remote fattorie non meccanizzate? No, la mia condizione di scodato mi toglie ogni diritto di offrire suggeri menti pratici. Ardisco solo tentare un'esposizione storica del problema; come poi voi ve la vedrete con la Dea è cosa che non mi riguarda. Non so neppure se la vostra professione poetica sia cosa seria. R.G. Deyà, Maiorca, Spagna 1. Un esempio di cyngkanedd in inglese è il seguente: Billet spied, Bolt sped. Across field Crows fled. Aloft, wounded, Left one dead. (« Spiato il legno, / il dardo volò. / Attraverso il campo / fuggirono i corvi./ In alto, ferito, / lasciarono un morto »). Ma la corrispondenza tra la doppia v di across e la s sonora di crows farebbe arricciare il naso al purista. 1. « L'uomo possente cavalcava di notte / senza spada né compagni né luce. / Cercò la cavalla, trovò la cavalla, / legò la cavalla con la sua stessa criniera, / e le lece giurare per il potere di madre / che mai più avrebbe cavalcato di notte / dove una volta egli cavalcò, quell'uomo possente ». 2. In inglese night mare. inevitabilmente associato a nightmare, « incubo », parola che propriamente indica uno spirito femminile che opprime nel sonno gli uomini e gli animali [A\W.7\]. 3. Per uniformità e per esigenze testuali, tutte le citazioni bibliche sono tradotte dalla versione inglese usata dall'Autore, che è la Authorized Version o « Bibbia di re Giacomo » del 1611 [Wd.T.]. 1. In inglese toadstool, che alla lettera significa « sgabello dei rospi » [N.d.T.]. La Battaglia degli alberi Ho spogliato la felce, spio attraverso tutti i segreti, il vecchio Math ap Mathonwy non ne sapeva più di me. Giacché di nove tipi di facoltà Dio mi ha fatto dono: 10 sono il frutto dei frutti raccolti da nove specie di alberi: prugna, mela cotogna, mirtillo, mora, lampone, pera, ciliegia selvatica e bianca insieme alla sorba partecipano di me. Dalla mia sede a Fefynedd, forte città, ho guardato gli alberi e le creature verdi affrettarsi. Rifuggendo dalla gioia di buon grado si disponevano sotto forma delle lettere principali dell'alfabeto. I viandanti si stupivano, i guerrieri erano sgomenti, al rinnovarsi di scontri come quelli sostenuti da Gwydion; sotto la radice della lingua una lotta spaventosa, e un'altra che infuria dietro, nella testa. Gli ontani in prima linea principiarono lo scontro. 11 salice e il sorbo selvatico furono tardi a schierarsi. L'agrifoglio verde scuro oppose risoluta resistenza; è armato di molte punte di lancia che feriscono le mani. Dei passi dell'agile quercia risuonarono cielo e terra. « Robusto Guardaportone » è il suo nome in tutte le lingue. La Dea Bianca Grande fu la ginestra spinosa in battaglia e l'edera in fiore; il nocciolo fu arbitro in questo momento incantato. Rozzo e selvaggio fu l'abete, il frassino crudele; non si volge di lato per lo spazio di un piede, punta dritto al cuore. La betulla, seppur nobilissima, non si armò che in ritardo, segno non di codardia ma di alto rango. L'erica offriva consolazione alla gente sfinita dalla fatica, i pioppi durevoli molto s'infransero. Alcuni di essi furono scagliati via sul campo di battaglia a causa dei vuoti scavati tra loro dalla potenza del nemico. Molto furente la vite che ha gli olmi per accoliti; con vigore la lodo ai reggenti dei regni. Valenti capi furono il prugnolo con il suo frutto cattivo, e il biancospino non amato che indossa la stessa veste. Il giunco che agile incalza, la ginestra con la sua covata, e il ginestrone che si comporta male finché è domato. Il tasso che elargisce la dote ristette imbronciato al margine della battaglia, insieme al sambuco lento a bruciare tra i fuochi che ardono, e il benedetto melo selvatico che ride orgoglioso dal « Gorchan » di Maelderw, accanto alla roccia. La Battaglia degli alberi Indugiano al riparo il ligustro e il caprifoglio senza esperienza di guerra, e il pino cortese. Ma io, seppur ignorato perché non ero grande, ho combattuto, o alberi, tra le vostre schiere, sul campo di Goddeu Brig. 60 La Dea Bianca Palestina dove fondò Amathus alla confluenza tra il Giordano e lo Iabbok. La « Discendenza dei popoli » in Genesi, x, colloca gli Amatiti per ultimi tra i figli di Canaan, insieme agli Evei, ai Gergesei e ad altre tribù non semitiche. Secondo 2 Re, xvn, 30, alcuni amatiti furono trapiantati come colonia in Samaria, dove continuarono ad adorare la loro dea con il nome di Asima. Gwydion riuscì a indovinare il nome di Bran dai ramoscelli di ontano che questi portava in mano, perché anche se « Bran » e gwem (la parola per « ontano » usata nella poesia) non si assomi gliano, Gwydion sapeva che Bran, che vuol dire « corvo » o « cornacchia », significava anche « ontano » (in irlandese feam, dove f è pronunciata « v ») e che l'ontano è un albero sacro. Fearn era il nome del terzo dei quattro figli del re milesio Partholan, leggendario sovrano d'Irlanda nell'Età del bronzo, e c'era anche il giovane Gwern, re d'Irlanda e figlio della sorella di Bran, Branwen (« corvo bianco »). Come si vedrà in seguito, varie conferme alla supposizione di Gwydion si trovano nel Romanzo di Branwen. Ma il nome composto dagli alberi-lettera schierati con Amathaon e Gwydion rimase al riparo da ogni congettura. Anche il culto di Bran parrebbe importato dall'Egeo, perché questo personaggio mostra notevoli elementi di somiglianza con l'eroe pelasgico Asclepio che, come il Corono (« corvo ») ucciso da Eracle, fu un re della tribù tessala dei Lapiti, che aveva come totem il corvo. Asclepio era corvo da entrambi i rami della sua famiglia: sua madre era Coronide (« cornacchia »), proba bilmente un epiteto della dea Atena cui questo uccello era sacro. Taziano nel suo Discorso ai Greci avanza la possibilità che Atena e Asclepio siano madre e figlio: « Dopo la decapitazione della Gorgone ... Atena e Asclepio se ne spartirono il sangue, e mentre lui se ne servì per salvare vite, lei, in virtù dello stesso sangue, divenne assassina e istigatrice di guerre ». Il padre di Asclepio era Apollo, che aveva anch'egli come animale sacro il corvo e il cui celebre santuario di Tempe si trovava in territorio lapita; a lui inoltre è attribuita la paternità di un altro Corono, re di Sicione in Sicilia. Secondo la leggenda, Asclepio, dopo una vita dedicata a guarire gli infermi, resuscitò Glauco, figlio di Sisifo di Corinto, e fu per questo incenerito da Zeus in un impeto di gelosia. Da bambino era stato salvato dal rogo in cui erano periti sua madre e il di lei amante Ischi (« forza »). Anche Bran fu distrutto dal suo nemico geloso Evnissyen, compagno di Matholwch re d'Irlanda, cui Bran aveva donato un calderone magico in grado di richiamare in vita i soldati morti; ma nella leggenda gallese è il nipote e omonimo di Bran, il ragazzo Gwern, che, subito dopo essere stato incoro nato re, viene scagliato nel fuoco e muore bruciato. Bran fu 66 La Dea Bianca druidi le anime non sprofondano nel cupo oltretomba del latino Dite, ma si trasferiscono altrove, giacché la morte non è «che il punto di mezzo di una lunga vita». Il Dite britannico quindi non era un semplice Plutone, ma un dio universale molto vicino allo Jahvèh dei profeti ebrei. Analo gamente, poiché, stando alla testimonianza di Plinio, il princi pale rito religioso dei druidi «al servizio di Dio stesso» era legato al vischio, « che essi chiamano cura-tutto nella loro lin gua » e « che cade dal cielo sopra la quercia », ne deriva che il nome di « Dite » non poteva essere Bran, non essendovi alcun rapporto mitico o botanico tra Fontano e il vischio. È quindi probabile che la soluzione dell'indovinello sul nome di Bran fosse solo un indizio per...
Dispensatrice della vita, espressione della terra che si rinnova, simbolo dell'energia dell'universo, ma anche Signora della morte, che è l'altra faccia della vita: queste sono le connotazioni della Grande Dea. Il suo culto è stato dominante nell'Europa del Neolitico Antico, tra il 7000 e il 3500 a.C. Un'Europa abitata da popoli felici che risiedevano in villaggi, praticavano
rappresenta il centro degli antichi misteri femminili-il viaggio nel labirinto o, come afferma Nor Hall, "la dimora sotterranea della Dea". Il labirinto è il sentiero sacro che porta fino al centro e torna nuovamente indietro, "la ruota della luna" che gira in entrambe le direzioni, "portando conoscenza ed energia sia per la creazione sia per la distruzione". Labirinti molto simili tra loro sono stati ritrovati a grande distanza uno dall'altro in India, a Creta, in Arizona, e ovunque si possono trovare versioni semplificate del labirinto, la doppia spirale. (1) La spirale, come il serpente (2), è un simbolo della Dea; in particolar modo del potere femminino di rigenerazione, l'entrata e la nuova uscita. Arianna, la Dea cretese che come il ragno srotola un filo appena entrata nel labirinto, indica la strada. (3) La Luna rappresenta la chiamata sciamanica, in questo caso, la chamata per entrare nell'oscurità. Nella tradizione dei Tarocchi, la Luna rappresenta le paure e i
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